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Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha concesso la bandiera alla Provincia
Il Presidente della Provincia di Ravenna Francesco Giangrandi, autorizzato dal consiglio provinciale a richiederne concessione, ha ricevuto dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, la bandiera per la Provincia.
LA BANDIERA DELLA PROVINCIA DI RAVENNA “Drappo di rosso, alla bordura d’azzurro, caricato di uno scudo d’oro all’aquila spiegata di rosso, ornamenti esteriori di provincia”.
I COLORI DEL DRAPPO - I colori rosso e azzurro corrispondono a quelli propri delle partizioni dell’antico stemma della Provincia di Ravenna. Lo stemma fu originariamente concepito come stemma della Provincia di Romagna appartenuta allo Stato della Chiesa, e poi, successivamente, passò a designare la Provincia di Ravenna.
Questo stemma era partito di rosso e d’azzurro, nel primo caricato di tre covoni di miglio d’oro bene o male ordinati, e nel secondo caricato di una banda di vaio. La prima traccia di queste insegne si ritrova nell’opera dell’araldista istriano Cesare De Beatiano che, a pag. 12 del trattato denominato Il Mercurio araldico (Venezia 1686), attribuisce l’arma così configurata alla Provincia di Romagna. Successivamente tale attribuzione fu ripresa dal Ginanni, che ebbe cura di specificare che lo scudo rosso con i tre covoni d’oro designava propriamente l’Emilia, essendo da alcuni ritenuto concessione del console romano Emilio Lepido, colui al quale risalivano la fondazione della via Emilia e il primo nome della regione, mentre l’arma azzurra seminata di gigli d’oro e caricata della banda di vaio doveva considerarsi concessione dell’imperatore Carlomagno, che avrebbe attribuito alla terra di Romagna il nome e lo stemma (Marco Antonio Ginanni, Il Blasone di Ravenna e delle famiglie descritte alla nobiltà Ravennate, manoscritto del XVIII secolo).
L’arma si trova riprodotta su vari supporti figurativi, documentari e non, tra cui – sia pure con una variante formale nella partizione dello scudo – il gonfalone custodito nell’Ufficio di Presidenza dell’Amministrazione provinciale di Ravenna.
Del lungo uso di questo scudo bipartito diede atto il Rettorato provinciale nel verbale della propria seduta del 26 febbraio 1934, allorché deliberò di avviare il procedimento per il riconoscimento dell’arma provinciale presso la Consulta Araldica del Regno d’Italia. Quest’ultima, con nota del 12 agosto 1936, chiese al Prefetto della Provincia di Ravenna di comunicare al Presidente (recte: Preside) della Provincia di non modificare lo stemma precedentemente in uso perché «più consono alle vicende storiche di Ravenna».
Tale nota fu poi superata dalla Consulta Araldica due anni dopo allorché, con nota del 4 marzo 1938, si comunicò al Prefetto di Ravenna che il Commissario di Sua Maestà aveva ritenuto che «in omaggio alla tradizione storica e alla funzione dantesca del Capoluogo» fosse «proposto lo stemma dei da Polenta» che, fin dal 1934, aveva formato oggetto di richiesta di approvazione in alternativa con lo scudo della Romagna costituito dal campo azzurro seminato di gigli d’oro e caricato della banda di vaio.
LO SCUDO - Lo scudo che carica il drappo rosso bordato d’azzurro contiene l’arma che appartenne alla famiglia da Polenta, che esercitò la propria signoria sulla città di Ravenna e sui territori contigui dall’ultimo quarto del XIII secolo al 1441, anno in cui la città passò sotto il dominio della Repubblica di Venezia. L’arma di cui si fregia la Provincia di Ravenna porta quindi la famosa aquila polentana, di cui si ha notizia dalla Divina Commedia, «l’Aguglia da Polenta» menzionata nel XXVII canto dell’Inferno.
Le ulteriori tracce dell’arma polentana oggi conosciute sono costituite dall’urna trecentesca contenente le spoglie dei figli di Guido da Polenta (“SEPULCRUM FILIORUM DOMINI GUIDONIS DE POLENTA”), un tempo giacente nella chiesa di Sant’Eufemia a Verona e ora conservata nella stessa città al museo di Castelvecchio (cfr. Corrado Ricci, L’ultimo rifugio di Dante, Ravenna 1891, pag. 3) e da una bandierina raffigurata su un portolano del 1367 (cosiddetto “portolano Pizzigani”) conservato nella biblioteca Palatina di Parma, nonché da alcune impronte sigillari un tempo conservate all’Archivio notarile di Ravenna e ora nel locale Archivio di Stato in condizioni piuttosto precarie.
Tali impronte peraltro non mostrano l’arma originaria dei da Polenta, ma quelle che furono adottate in seguito da alcuni appartenenti alla famiglia. L’insegna, che verosimilmente fu la prima ad essere alzata dai signori di Ravenna (servendo a distinguere il ramo principale), è stata ritenuta da vari commentatori del poema dantesco come contrassegnata dal colore rosso su fondo oro.