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Educare alla Parità per il Benessere Equo e Sostenibile

Un'analisi del Servizio Ricerca ed innovazione Statistica della Provincia di Ravenna.

 

Dall’analisi degli indicatori presentati nel Rapporto Bes delle Province anno 2020, giunto alla sua sesta edizione, si cerca di disegnare un quadro che possa riflettere le aree critiche dell’uguaglianza di genere, per capire se si stia procedendo in un’ottica di benessere oppure no, di equità oppure no. Questa è la nuova analisi del Servizio Ricerca ed innovazione Statistica della Provincia di Ravenna.

"In provincia di Ravenna alla fine del 2019 risiedono in media 51 donne ogni 100 abitanti. Nonostante ogni anno nascano più bambini che bambine e fino alla classe 29 anni di età gli uomini siano in maggioranza, nelle età più avanzate sono le donne a prevalere numericamente sugli uomini. Le donne sono più longeve rispetto gli uomini: la speranza di vita alla nascita per le donne è più alta (86,00) contro 81,8 per gli uomini, cioè ben 4,2 anni in più. Nonostante le donne siano più longeve, gli anni di vita in buona salute attesi alla nascita per una donna sono 57,6, mentre per un uomo 59,4.

Passando alla dimensione Istruzione e formazione, secondo l’Indagine Invalsi, migliore è la competenza alfabetica per le ragazze, mentre la competenza numerica risulta migliore per i ragazzi. Le donne studiano di più rispetto agli uomini: la prima scelta della scuola secondaria di secondo grado per una ragazza è un liceo, per i ragazzi è un istituto tecnico (scendendo nel particolare, l’indirizzo tecnologico è frequentato dall’ 83% di studenti maschi e dal 17% di femmine).I ragazzi scelgono tra i licei l’indirizzo scientifico, mentre le ragazze optano anche per altri indirizzi come scienze umane (in cui il rapporto femmine-maschi frequentanti è 8-3) o il classico (7-3), il linguistico (8-2).In merito all’istruzione superiore, la parità di formazione tra i sessi è stata raggiunta. Negli anni 60 la percentuale di donne che proseguiva gli studi oltre il diploma rappresentava lo 0,62% dell’universo femminile, nel 2011 il 12,26%. Il gap delle laureate rispetto ai laureati, particolarmente elevato nel 1961 (42 punti percentuali), dal Censimento 2001 si è colmato. Nell’anno 2019 le giovani laureate (pari a 1.022) rappresentano il 59,3% della coorte, in progressivo aumento dall’anno 2014.

Nonostante le donne studino di più e con risultati più brillanti, nel mondo del lavoro esse restano fortemente discriminate. Le donne si affacciano meno al mondo del lavoro: il tasso di mancata partecipazione (11,9%) è superiore di 6 punti percentuali rispetto a quello maschile. Il tasso di occupazione femminile (rapporto tra gli occupati e la popolazione tra i 15-64 anni) si attesta al 64,5%, ben 12,1 in meno rispetto al maschile che si attesta al 76,6%. Si accentua la differenza nei tassi di occupazione nella fascia di età 25-34 anni, momento in cui una donna decide di creare una famiglia (l’età media per una donna al primo matrimonio è 33,79 anni) o diventare madre (l’età media al primo figlio si attesta a 31,62 anni). Analizzando la situazione maschile, sebbene l’età media per un uomo al primo matrimonio sia 36,92 per gli uomini e 35,32 anni per diventare padre, il tasso di occupazione 35-44 non subisce alcun arresto, anzi aumenta. Inoltre, il numero delle giornate retribuite nell’anno risulta inferiore rispetto al genere maschile (il 72,4% delle giornate per le donne contro 78,3% degli uomini) segno di una maggiore precarizzazione, nonché ricorso al part-time da parte del genere femminile.

Le differenze a livello salariale tra uomini e donne rimangono evidenti. La differenza di genere nella retribuzione media tra lavoratori dipendenti (M-F) nell’anno 2019 è di euro 8.992,23. Le donne guadagnano in media 16.411,89 euro contro i 25.404,12 euro degli uomini, pari al 35,40% in meno rispetto agli uomini. Il divario spazia dagli 8.976,63 euro tra gli operai ai 24.616,54 euro tra i dirigenti. Anche l’importo medio annuo pro-capite dei redditi pensionistici di una donna è inferiore rispetto ad un uomo (la differenza si attesta a 5.817 euro circa, con un pensionato uomo che percepisce circa il 26% in più rispetto ad una donna). Di conseguenza le donne percettrici di pensione di basso importo sono in maggior numero rispetto agli uomini (6,9% contro 5,6%).

A Ravenna solo una donna su nove uomini riesce a raggiungere una posizione dirigenziale (527 sono i dirigenti uomini secondo i dati dell’OSSERVATORIO STATISTICO LAVORATORI DIPENDENTI Inps a fine anno 2019, contro 56 donne). Negli ultimi anni i governi hanno avuto una media di 4,5 ministre, 7 nel governo attuale. La rappresentanza locale è sempre più inclusiva: a livello locale si raggiunge la Gender Balance Zone (percentuale di donne elette compresa tra il 40% e il 60%). In media il 48,4% dei membri della Giunta, il 41,4% del Consiglio è donna. Sebbene l’inclusività sia più forte, essa vede soltanto l’11% di donne nel ruolo di sindache (2 su 18).

La parità di genere non sarà raggiunta per i prossimi 99,5 anni”, a pronunciarlo è il Global Gender Gap 2020. Introdotto a partire dal 2006 dal World Economic Forum, il gender gap index dimostra il divario di genere. L’indice si basa su criteri economici, educativi, sanitari e politici. L’Italia nella classifica riguardante i venti paesi dell’Europa Occidentale, si posiziona diciassettesima.

L’uguaglianza di genere potrebbe essere l’ennesima vittima del coronavirus. La chiusura delle scuole e dei centri diurni per le persone non autosufficienti ha accresciuto gli squilibri sul fronte della gestione dei carichi domestici (prima del lock-down le donne spendevano infatti in media 4,1 ore al giorno per i lavori domestici e la cura non retribuita di familiari, di contro gli uomini ne dedicavano solo 1,7 al giorno.). Durante i mesi di lockdown il 60% delle donne italiane (contro il 21% degli uomini) si è trovato a dover gestire da sola figli, famiglia e persone anziane, spesso insieme al lavoro. La pandemia ha dato il via ad una palese erosione dei diritti al lavoro per le donne. Molte donne sono state costrette a lasciare il mondo del lavoro: le dimissioni convalidate e pervenute all’ispettorato dal Lavoro riguardano in particolar modo donne. Molte di esse, scoraggiate, hanno rinunciato alla ricerca di un'occupazione (per cui aumentano i tassi di inattività femminili). Più del 50% delle richieste di cassa integrazione e più del 75% delle richieste di congedo Covid sono arrivate da donne. Molte imprese guidate da donne legate ai settori dell’assistenza sociale, commercio, turismo, maggiormente colpiti dalla crisi pandemica, sono state costrette a chiudere. Le restrizioni hanno portato per ultimo, ma non meno importante, ad un inasprimento dei comportamenti e dei rischi legati alla violenza domestica. Durante il periodo di lockdown, le chiamate al numero antiviolenza e stalking nazionale, il 1522, effettuate in regione sono nettamente aumentate nel periodo marzo-giugno 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019.
La Legge di bilancio per il 2020 ha adottato numerose misure per le pari opportunità. Durante l’emergenza sanitaria causata dalla pandemia, il governo ha cercato di alleviare l'onere del lavoro di cura delle donne con la concessione di congedi parentali straordinari al 50% o in alternativa con i bonus baby sitter. Per innescare un'occasione di maggiore produttività e competitività per il sistema economico del Paese, il disegno di legge di bilancio per il 2021 prevede un pacchetto di misure a favore dell’occupazione e dell’imprenditoria femminile e dei servizi alla famiglia.

Ci si augura che la regressione del ruolo della donna, che ha interessato particolarmente il nostro paese durante questa pandemia, si concluda col finire del 2020 e che vi sia un’ulteriore spinta alla parità di genere nei prossimi anni."