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Con la legge 19 maggio 1975, n. 151 il legislatore, rifacendosi al principio dell’uguaglianza giuridica dei coniugi (art. 29 Cost.), ha modificato la disciplina relativa ai rapporti familiari.
La famiglia è uno dei luoghi in cui è più difficile far valere i propri diritti per i legami affettivi tra le persone: è importante capire che vanno rispettati ed è importante non confondere gli affetti con i diritti (art. 143 C.C.).
Ogni decisione che riguardi la coppia e i figli va ad esempio presa di comune accordo senza prevaricazioni (dove abitare, come educare i figli, ecc.). Con il matrimonio i coniugi hanno reciprocamente diritto ad essere mantenuti, se non hanno propri mezzi di sostentamento ad essere assistiti.
Punti qualificanti della riforma sono:
La L. 4 aprile 2001, n. 154 ha introdotto, nel libro I del codice civile, il titolo IXbis, sotto la rubrica «Ordini di protezione contro gli abusi familiari», costituito da due norme: gli artt. 342bis e 342ter.
L’articolo 342bis c.c. stabilisce che quando la condotta del coniuge o di altro convivente è causa di grave pregiudizio all’integrità fisica o morale ovvero alla libertà dell’altro coniuge o convivente, il giudice, su istanza di parte, può adottare con decreto uno o più dei provvedimenti di cui all’art. 342ter c.c.
Quest’ultimo, a sua volta, stabilisce, al comma 1, che il giudice, con il suddetto decreto, ordina al coniuge o convivente, che ha tenuto la condotta pregiudizievole, la cessazione della stessa e dispone l’allontanamento dalla casa familiare del coniuge o del convivente che ha tenuto la condotta pregiudizievole prescrivendogli altresì, ove occorra, di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dall’istante, e in particolare al luogo di lavoro, al domicilio della famiglia d’origine, ovvero al domicilio di altri prossimi congiunti o di altre persone e in prossimità dei luoghi di istruzione dei figli della coppia, salvo che questi non debba frequentare i medesimi luoghi per esigenze di lavoro.
Il giudice può disporre, ove occorra, l’intervento dei servizi sociali o di un centro di mediazione familiare, nonché l’erogazione di un assegno periodico in favore delle persone conviventi prive di mezzi. Al comma 3 è previsto che con il medesimo decreto il giudice stabilisce la durata dell’ordine di protezione, che decorre dal giorno dell’avvenuta esecuzione dello stesso.
La misura di protezione, a seguito delle modifiche introdotte dall’art. 10 D.L. 23-2-2009, n. 11,conv. in L. 23-4-2009, n. 39, non può essere superiore a un anno (in passato era previsto un termine massimo di 6 mesi) e può essere prorogata, su istanza di parte, soltanto se ricorrano gravi motivi per il tempo strettamente necessario.
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