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Famiglia

 

La riforma del diritto di famiglia

Diritto di famiglia

Con la legge 19 maggio 1975, n. 151 il legislatore, rifacendosi al principio dell’uguaglianza giuridica dei coniugi (art. 29 Cost.), ha modificato la disciplina relativa ai rapporti familiari.

La famiglia è uno dei luoghi in cui è più difficile far valere i propri diritti per i legami affettivi tra le persone: è importante capire che vanno rispettati ed è importante non confondere gli affetti con i diritti (art. 143 C.C.).
Ogni decisione che riguardi la coppia e i figli va ad esempio presa di comune accordo senza prevaricazioni (dove abitare, come educare i figli, ecc.). Con il matrimonio i coniugi hanno reciprocamente diritto ad essere mantenuti, se non hanno propri mezzi di sostentamento ad essere assistiti.

Punti qualificanti della riforma sono:

  • la completa parità giuridica (oltre che morale) dei coniugi (art. 143 c.c.)
  • il riconoscimento ai figli naturali riconosciuti di identici diritti successori rispetto ai figli legittimi (art. 566 c.c.)
  • un più incisivo intervento del giudice nella vita della famiglia (artt. 145 e 155 c.c.)
  • la scomparsa dell’istituto della dote e del patrimonio familiare
  • l’istituzione della comunione legale dei beni fra i coniugi (artt. 159 ss. c.c.) come regime patrimoniale legale della famiglia (in mancanza di diversa convenzione)
  • l’introduzione della potestà genitoria attribuita collettivamente e nella stessa misura ad entrambi i genitori, in luogo della patria potestà precedentemente attribuita esclusivamente al padre
  • la qualifica di erede, e non più di usufruttuario ex lege, conferita al coniuge superstite (artt. 581 ss. c.c.)

 

Misure contro la violenza nelle relazioni familiari

La L. 4 aprile 2001, n. 154 ha introdotto, nel libro I del codice civile, il titolo IXbis, sotto la rubrica «Ordini di protezione contro gli abusi familiari», costituito da due norme: gli artt. 342bis e 342ter.

L’articolo 342bis c.c. stabilisce che quando la condotta del coniuge o di altro convivente è causa di grave pregiudizio all’integrità fisica o morale ovvero alla libertà dell’altro coniuge o convivente, il giudice, su istanza di parte, può adottare con decreto uno o più dei provvedimenti di cui all’art. 342ter c.c.

Quest’ultimo, a sua volta, stabilisce, al comma 1, che il giudice, con il suddetto decreto, ordina al coniuge o convivente, che ha tenuto la condotta pregiudizievole, la cessazione della stessa e dispone l’allontanamento dalla casa familiare del coniuge o del convivente che ha tenuto la condotta pregiudizievole prescrivendogli altresì, ove occorra, di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dall’istante, e in particolare al luogo di lavoro, al domicilio della famiglia d’origine, ovvero al domicilio di altri prossimi congiunti o di altre persone e in prossimità dei luoghi di istruzione dei figli della coppia, salvo che questi non debba frequentare i medesimi luoghi per esigenze di lavoro.

Il giudice può disporre, ove occorra, l’intervento dei servizi sociali o di un centro di mediazione familiare, nonché l’erogazione di un assegno periodico in favore delle persone conviventi prive di mezzi. Al comma 3 è previsto che con il medesimo decreto il giudice stabilisce la durata dell’ordine di protezione, che decorre dal giorno dell’avvenuta esecuzione dello stesso.
La misura di protezione, a seguito delle modifiche introdotte dall’art. 10 D.L. 23-2-2009, n. 11,conv. in L. 23-4-2009, n. 39, non può essere superiore a un anno (in passato era previsto un termine massimo di 6 mesi) e può essere prorogata, su istanza di parte, soltanto se ricorrano gravi motivi per il tempo strettamente necessario.